STAMPA
HOMEPAGE
RELAZIONE
Via
Ferrata
della Memoria
Gola Vajont
2015
Da ottobre 2015 è ufficialmente aperta
questa nuova Via ferrata che offre la possibilità di divertirsi
lungo un nuovo percorso attrezzato e nello stesso tempo di
riflettere ed osservare da un punto di vista completamente diverso
l'inquietante diga del Vajont e della stretta gola nella quale, il 9
ottobre 1963, la massa d'acqua della diga si incanalò per poi
riversarsi nella sottostante valle del Piave radendo al suolo il
paese di Longarone ed alcuni villaggi vicini.
PERCORSO STRADALE
Raggiunto il comune di Longarone-Bl si imbocca
la strada regionale 251 che da quest'ultimo sale a Erto. In
particolare, subito dopo aver superato esternamente l'abitato di
Codissago, si sale fino al sesto tornante, dove, a destra è posto un
piccolo cartello che indica la via ferrata. Scendendo invece da
Erto-Pn si supera la diga ed al secondo tornante, a sinistra, si
trova il cartello. Qui si abbandona la strada principale e si
prosegue su una stradina che porta, dopo circa cento metri, ad un
ampio parcheggio sterrato dove è consigliabile indossare
direttamente casco ed imbrago - 540mt ca.
AVVICINAMENTO
Lasciata l'auto e letto il tabellone
descrittivo della Via si inizia a percorrere il sentiero localizzato
alla destra di una galleria e dopo alcuni minuti si entra nella
prima galleria lunga circa 100mt dove è necessario munirsi di una
torcia luminosa. Si esce su una cengia attrezzata con scorrimano per
rientrare poco dopo una una seconda galleria più corta della
precedente all'uscita della quale è possibile eventualmente
indossare l'equipaggiamento di sicurezza nel caso non lo si fosse
già fatto al parcheggio.
LA FERRATA
All'inizio del cavo metallico si nota una
targhetta che periodicamente si ritroverà lungo tutto il percorso
con numerazione crescente, quota e coordinate GPS sicuramente utili
in caso di richiesta soccorso o più semplicemente per indicare
eventuali anomalie nelle attrezzature. Si inizia quindi percorrendo
da prima una lunga cengia con un breve traverso attrezzato con
staffe fino ad una scala che segna l'inizio dei tratti verticali. In
uscita dalla scala si trova alcuni metri di parete verticale ed
espostissima superabile leggermente in diagonale grazie alla
presenza iniziale di 2 cambre metalliche poi un passaggio in
aderenza per raggiungere 2 staffe ed alcuni metri "tirando" un po'
sul cavo per raggiungere un primo pulpito di sosta. Si traversa
brevemente a destra e si riparte in verticale sfruttando nella parte
alta la presenza di alcune cambre che limitano le difficoltà lungo
una linea di salita che in assenza di tali attrezzature sarebbe
sicuramente di elevato impegno; in questo primo tratto di ferrata
gli appigli non abbondano di certo ma vi sono discrete possibilità
di sfruttare appoggi per i piedi e cercare di così contenere la
trazione sul cavo. Dopo questi primi impegnativi 100mt arriva una
zona "tranquilla" dove poter rifiatare, comunque sempre in
sicurezza, prima di affrontare un diedro racchiuso tra 2 lame di
roccia particolarmente levigata ma ben attrezzate raggiungendo
rapidamente una lingua di terra che funge da cengia sempre
assicurati al cavo vista la forte esposizione ed il fondo detritico.
Dopo una eventuale sosta si continua affrontando un lungo piano
inclinato in semiaderenza visto che vi è la presenza di alcuni
appoggi raggiungendo così la parte alta del piano dove invece la
roccia estremamente levigata è stata attrezzata con una serie di
cambre e pedivelle metalliche che ne agevolano parecchio la
progressione fino ad un piccolo pulpito dove il cavo piega
nettamente a sinistra in corrispondenza di una lunga cengia
inizialmente rocciosa poi su terreno che richiede attenzione nel non
far cadere materiale al di sotto. La diga inizia a mostrarsi in
tutta la sua grigia imponenza mentre la nostra Via riparte, dopo un
brevissimo traverso, nettamente in verticale lungo una parete ancora
avara di appigli ma fortunatamente i piedi trovano qua e là discreti
appoggi uscendone su una nuova lunga cengia anche questa
particolarmente "sporca". Si aggira uno spigolo ancora in forte
esposizione e come in precedenza la fine della cengia coincide con
l'inizio di una risalita verticale stavolta ben più lunga ma una
conformazione della roccia ed una abbondanza di pedivelle che
rendono tutto sommato più gradevole la progressione. Lungo la
risalita si incontrano alcune interruzioni che fungono anche come
eventuali soste mentre lentamente la ferrata si porta in una zona
della parete rocciosa più "sporca" ci si stà infatti inoltrando
nella vegetazione , che vista la quota tutto sommato è normale
trovare e così, lungo sentiero , sempre assistiti dalla presenza del
cavo ci si alza leggermente portandosi comunque piuttosto
rapidamente alla base della parete. Quest'ultima, che qua è marcata
come 5a sezione della Via, si presenta come una bella placconata ben
attrezzata all'attacco dove i primi metri sono particolarmente
levigati poi la presenza di una fessura facilità la salita uscendo
presso un traverso orizzontale in massima esposizione ma senza
rilevanti difficoltà. Come nelle cenge precedenti anche qui finito
il breve traverso si continua in risalita ma l'impressione è che da
qua, vista la morfologia della roccia, le possibilità di avanzare
trovando appigli e quindi contenendo le trazioni sul cavo siano
maggiori, inoltre la verticalità non è più così elevata; si risale
quindi avendo comunque sempre a disposizione varie pedivelle, some
accennato la verticalità qua non è così marcata contrariamente
all'esposizione che in effetti è rimasta praticamente costante fin
dall'inizio e si conferma tale nel prossimo traverso dove le 4 ampie
staffe metalliche trasmettono la sensazione di "camminare nel vuoto"
. L'ultimo tratto del traverso è nuovamente su fondo misto
erba-terra e riporta ad una salita molto simile alla precedente
ovvero discreta quantità di attrezzatura ed una certa
arrampicabilità della roccia ; si avanza quindi senza incontrare
rilevanti difficoltà pur non trattandosi comunque di una risalita
banale e con un'uscita a sinistra tramite alcune roccette si
guadagna quella che rappresenta l'ultima sezione del percorso
caratterizzata da gradoni di roccia che si fondono con la
vegetazione e dove finalmente si abbassa notevolmente il grado di
esposizione, eccetto un singolo passaggio. Come accennato si
susseguono alcuni passaggi piuttosto semplici in un misto di roccia
e vegetazione sbucando addirittura presso una comoda cengia che ha
più le caratteristiche del sentiero che "taglia" orizzontalmente la
parete della gola culminando nei pressi di una scala che permette di
"saltare" un notevole strapiombo. La scala segna fondamentalmente la
fine della ferrata in quanto oltre si tratta solo di camminare per
alcune decine di metri in direzione del pulpito sommitale -800mt
ca.- rappresentato dai resti di un manufatto in cemento
probabilmente appartenuti ad una teleferica risalente al periodo di
costruzione della diga.
DISCESA
Seguendo in salita l'evidente sentiero n.380
si incontra poco dopo una segnaletica :
1- a
sinistra la direzione per l'abitato di Casso-Pn, dal quale tra
l'altro è ben visibile la frana del monte Toc precipitata nel bacino
, tramite la quale si ritorna a valle attraverso il sentiero "Troi
de S.Antoni" in 1.00h passando per Codissago così come da successiva
segnalazione .
2- a
destra si prosegue per la diga che si raggiunge in circa 15 minuti
di leggera discesa nel bosco. Giunti nei pressi della diga vi è la
possibilità di un rientro a valle percorrendo la strada asfaltata
S.R. 251 dove la circolazione alle auto è regolamentata da un senso
unico alternato. Scendendo lungo la strada si passa attraverso 2
gallerie ed all'uscita della seconda, dove si trova il semaforo, si
devia a sinistra per il sentiero che porta al sottostante parcheggio
di partenza in circa 40' dal termine della ferrata. Qualunque sia la
via di ritorno scelta si può comunque abbinare la visita al paese di
Casso e poi la visita alla diga .
CONSIDERAZIONI
Tecnicamente la Via si presenta con elevata
esposizione ma ben attrezzata anche perché la tipologia della roccia
non permette la risalita in divertente arrampicata ed in particolare
nella parte centrale del percorso è sostenuta la trazione da
esercitare sul cavo mentre la tempistica contenuta e la bassa quota
ne consigliano sicuramente la percorrenza al di fuori dei mesi più
caldi. Altro discorso riguarda invece il lato storico
dell'escursione. Questa breve ferrata dovrebbe essere uno stimolo
per una più lunga giornata di conoscenza e riflessione. Attraverso
l'avvicinamento alla diga da una nuova prospettiva è sicuramente
maggiore la possibilità di capire ciò che è successo il 9 ottobre
1963. Pur non svolgendosi la risalita nei pressi della diga si ha
costantemente la visuale contemporanea di quest'ultima, della gola
che ha guidato a valle l'ondata d'acqua e dell'abitato di Longarone
nonché la possibilità di vedere lungo il percorso vari manufatti
appartenuti al periodo della progettazione e dei lavori che
sicuramente non sono visibili per chi giunge alla diga in auto o
comunque percorrendo il classico sentiero da Codissago.
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