Senza pretesa di insegnare nulla, qualche risposta basata sulle mie personali esperienze, più legate all’ arrampicata che all’ alpinismo.
Credo ci siano alcuni aspetti da chiarire prima. Anzitutto, se la coppia è formata da due veri inesperti, qualunque manovra può diventare critica se non pericolosa. Se l’ inesperienza è tanta, anche la normale salita della ferrata con l’ uso del kit ha elementi di criticità che, chiaramente, sono direttamente proporzionali sia alla difficoltà della ferrata che alla situazione psicologica di chi la percorre.
Se la situazione fosse questa (faccio un discorso generale) pensare che una corda possa davvero essere uno strumento utile credo sia molto opinabile. Non voglio dire una vera illusione, ma quasi. Certo può rinfrancare sapere di averla. Ma personalmente vedo questo più come un pericolo che come un vantaggio. Pericolo perché quando ci si sente rinfrancati è possibile che ci si spinga oltre quello che a pelle sentiamo essere il nostro limite. E’ chiaro che se uno è esperto, è tutt’ altro paio di maniche.
Fatta questa premessa, “in generale” il punto di riferimento per l’ uso di una corda è la normale progressione di scalata. Quindi chi sta sotto assicura chi sale per primo, il quale, chiaramente, deve rinviare, altrimenti la corda non serve a nulla. Quello che assicura deve sapere fare bene il suo mestiere, vale a dire sapersi assicurare a sua volta, saper gestire il freno (il nodo, l’ otto, la piastrina, il gri … quello che vuoi tu). Se non lo fa, ancora una volta la corda non serve a nulla. Chiaramente il discorso vale allo stesso modo per il primo che arriva “alla sosta” se così si può chiamare in una ferrata un normale fittone.
Se si sa cosa fare e si procede così è ovvio che c’ un minimo di sicurezza in più in caso di caduta. Ma questo vale solo per il secondo che sale. Il primo che sale si espone allo stesso rischio che avrebbe senza la corda, cioè solo con il kit. Se sali una ferrata per primo, infatti, con o senza corda non fa differenza perché cadrai comunque fino al fittone che avevi usato per rinviare. E’ difficile spiegarlo a parole, ma in quella situazione, le probabilità che il secondo agisca sulla corda rallentando la caduta prima che il dissipatore entri in funzione sono praticamente nulle. Tanto più se a manovrare è il secondo che dei due è il meno esperto ed entrambe sono inesperti. In pratica: del tutto inutile e anche pericoloso.
Altro discorso è l‘ assicurazione del secondo. Senza corda, il secondo in ferrata salirebbe come il primo: stessi rischi. Ma se lo leghi, lo assicuri dall‘ alto, sai fare e sei attento, nel caso critico al massimo scivolerà di pochi centimetri. Il discorso vale anche se si scende dalla ferrata. Quello che è importante è rinviare “se occorre”. Se la via è dritta, cioè sale lungo una ideale linea retta, la “sosta” si trova circa sulla verticale del secondo che sale e basta quel punto per governare in maniera sicura l’ eventuale caduta. Ma se la via sale traversando a destra o a sinistra al punto che la sosta non si trova più sulla verticale del secondo e ci sono molti metri tra sosta e secondo che sale, se non rinvii, in fase di caduta la corda tirerà in diagonale perdendo molta se non tutta la sua efficacia. Tutta inteso in relazione allo scopo di assicurare il secondo in ferrata che è quello di non fargli arrestare la caduta dal dissipatore contro il fittone.
Braccia stanche: leggo spesso riguardo il problema della braccia. Ora, sicuramente chiunque abbia un po’ di esperienza di arrampicata sa che le braccia, a meno di affrontare strapiombo o difficoltà davvero elevate “non si stancano”: si stancano le gambe. Dico sicuramente chi ha esperienza di arrampicata perché chi arrampica impara già a terra, la prima volta, con un semplice esercizio posturale che si fa contro una parete (anche di casa) come il peso del corpo va scaricato correttamente sui piedi (sull’ avampiede in parete) sia durante fase statica che, soprattutto, durante la fase dinamica. In linea generale, le mani e, quindi, le braccia, servono solo come terzo punto del triangolo dell’ equilibrio, intervenendo in maniera trazionale solo in certi casi. In generale va evitato che formino un angolo a livello del gomito: in pratica, dovrebbero restare quanto più è possibile sempre tese, anche in fase dinamica (spiegarlo a parole è difficile, ma se lo vedi fare capisci subito).
Un caso particolare nel quale le braccia sono usate davvero male da molti ferratisti sono i traversi. Frequentemente si vedono persone serrare braccio e avambraccio, con tanto di peso dello zaino al seguito. A volte ponendosi anche con il corpo di lato anziché di fronte, infilando un braccio tra cavo e parete. Sono posture che affaticano le braccia e che riducono la fondamentale tenuta sugli appoggi perché concorrono a far sollevare i talloni (primo caso) che, invece, dovrebbero restare bassi per migliorare l‘ aderenza, quando addirittura non compromettono pericolosamente la corretta posizione dell' avampiede sull' appoggio (secondo caso). La postura, in traverso, dovrebbe restare quella di scalata: spalle in fuori (quindi testa staccata dalla parete per vedere meglio) bacino in dentro, braccia tese. Il problema è che, se non abituati, è una posizione che intimorisce rispetto all’ altra scorretta. Peccato, perché questa è quella sicura, non stanca le braccia e permette di vedere bene la parete, mentre l‘ altra è tutto il contrario di ciò.
Se le braccia sono stanche, in linea generale non si è lavorato bene con le gambe. Quindi, prima di pensare alle corde per curare i sintomi, conviene pensare a migliorare la postura, il movimento e l’ equilibrio per prevenire la malattia. Questo si fa in palestra indoor che è più sicura per le cadute e l’ ambiente agevola in confronto con chi ti insegna. Se poi qualcuno sta in montagna ed ha a portata di mano una falesia attrezzata, be’: lo invidio