Dopo tanta Dolomia, sentivo parecchio la nostalgia delle "mie" Montagne.
E' sempre stato così, per me. Quando sono a casa, sogno le Dolomiti. E quando sono in Dolomiti mi prende la nostalgia per l'Appennino, la Montagna dove sono cresciuto, che più amo e che mi fa sentire veramente "a casa".
Così decido di curarmi nell'unico modo che conosco, vale a dire con un bel giro in Montagna. In Appennino, appunto.
Come meta scelgo il versante est del Corno alle Scale, una delle zone più selvagge dell'Appennino Bolognese. Qua la presenza umana e la cosiddetta "antropizzazione" sono ridotte al minimo. I boschi prosperano indisturbati, fino a dove devono cedere il passo ai prati d'alta quota.
Si parte da Pianaccio (quota 755m), un piccolo paese che ha dato i natali a un grande Uomo e che meriterebbe una visita ad hoc.
Si sale in direzione del Rifugio Segavecchia (quota 930m), ultimo presidio umano lungo l'alta valle del Silla.
Al rifugio si può arrivare anche con l'auto su stretta strada asfaltata, ma è piacevole farsela a piedi così da "rompere" il fiato e ammirare la "Curva del Vento".
E' un luogo magico, questo, dove il vento soffia perenne e dà voce ai desideri inespressi che, giunti da lontano, qui si fermano un momento per farsi riconoscere ed ascoltare dai viandanti.
La stagione volge al termine per i più, e al rifugio c'è poca gente. Ma non si può dire che "non c'è un cane", quando ve ne sono addirittura due.
Dal rifugio partono diversi itinerari, fra cui il "Sentiero degli Amici", che porta in vetta al monte La Nuda e che è l'obbiettivo che mi sono dato per oggi.
Il primo tratto è in comune con il sentiero alpinistico Ruffo (o "Direttissima") che arriva in cima al Corno dritto come un fuso seguendo la linea di massima pendenza.
Arrivato al bivio faccio fatica a non imboccarlo. Ma l'ho percorso anche questa primavera, per cui mi attengo al programma e magari del Ruffo ve ne parlerò un'altra volta.
Si sale subito decisi nel bosco, prendendo quota. Poi si traversa a destra, avvicinandosi all'impluvio sotto alla Nuda.
Il sentiero continua in salita, attraversando canaloni dove si vedono gli effetti delle scariche di neve che spesso si staccano dai ripidi pendii del monte Nuda.
Giunto al fosso dei Maseroni, una cascatella rallegra l'ambiente con il suo ruscellare, rompendo il silenzio totale che permea questi luoghi.
Ad un certo punto l'altezza degli alberi comincia a diminuire come se il bosco stesse per terminare e ad una radura appare Punta Sofia.
Si ha l'impressione di essere già arrivati, ma è un'illusione, appunto, dato che si è a poco più di metà della salita.