Sulle tracce del Barbarossa: Alpe di Succiso per cresta nord
Inviato: 17/06/2018, 20:41
Innumerevoli sono le leggende nate dalla fantasia popolare e ambientate sui Monti.
Alcune di esse ci parlano per metafore, tramandandoci i loro insegnamenti attraverso analogie con la vita di tutti i giorni.
Altre invece sono legate a eventi della Storia. Nomi o accadimenti famosi che le popolazioni locali vorrebbero legati al proprio territorio.
Una di queste leggende è ambientata nel "mio" Appennino e racconta nientemeno di Federico detto il Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero.
Il grande imperatore germanico, durante la sua fuga dall'Italia inseguito dalla Lega Lombarda (a quanto pare già allora poco tollerante nei confronti dello "straniero" ), secondo la leggenda sarebbe passato attraverso la valle del Liocca, alle pendici dell'Alpe di Succiso, per poi riparare in Liguria.
In quell'occasione il suo poderoso esercito avrebbe addirittura cambiato la faccia della montagna aprendosi a forza il passo di Pietratagliata, così da poter discendere in massa al passo del Cerreto.
Come prova di questo, gli abitanti della zona esibiscono con orgoglio e convinzione due spade di antica fattura, che sarebbero state ritrovate in loco all'inizio del secolo scorso.
Non ho idea se questa leggenda abbia un fondamento di verità oppure no, però so che in zona esiste davvero un sentiero dedicato proprio al "Barbarossa" e che questo sentiero si inerpica, stretto ed esposto, su per il versante più selvaggio della poderosa mole dell'Alpe di Succiso.
Questo mi basta per andare alla ricerca delle tracce del condottiero, vere o presunte che siano. Tanto l'importante è avere un pretesto per tornare a far visita a una delle cime più alte e più belle di tutto l'Appennino settentrionale.
La partenza è dal paesino di Succiso Nuovo, a quota 980m.
Questo borgo è stato costruito partendo da zero a metà degli anni '70, dopo una disastrosa alluvione che danneggiò irreparabilmente l'abitato originale e i cui effetti sono tutt'oggi visibili visitandone i ruderi.
Negli anni successivi, il paese iniziò a soffrire di un male comune a tutti i borghi di montagna: lo spopolamento per cause economiche.
Ma, a differenza di altri, gli abitanti di Succiso seppero trovare una soluzione pratica e originale. Istituirono una cooperativa di solidarietà fra i paesani, che fu capace, con il contributo di tutti, di rilanciare il territorio e farne una meta turistica di successo. Senza usare facili "scorciatoie", ma con proposte fortemente legate alla tradizione locale e alla frequentazione consapevole e responsabile (rinunciando agli impianti di risalita).
La cooperativa funziona benissimo anche oggi, ed è stata premiata come eccellenza proprio quest'anno dall'Organizzazione Mondiale del Turismo.
Si imbocca il sentiero in corrispondenza di una fontana (che sarà "calorosamente" apprezzata al ritorno ) e si sale a fianco della chiesa del paese.
Ben presto la traccia si divide: una porta direttamente al rifugio Consiglio al Rio Pascolo, l'altra segue il fondovalle del torrente Liocca e conduce al "Barbarossa". Ed è quest'ultima che occorre imboccare per andar a cercare le tracce del nostro germanico.
Si procede inizialmente su comoda sterrata, allietati dal rumoroso e allegro accompagnamento da parte del torrente Liocca. Sotto di noi è tutto un gorgogliare, un ribollire, un ciangottar d'acqua, quest'anno particolarmente abbondante.
Ci fan compagnia prima i salici e i faggi, poi, più avanti, macchie di splendidi maggiociondoli in piena fioritura.
Giunti a un bivio, la strada si muta in sentiero continuando ad assecondare il percorso del torrente, penetrando in profondità nella valle e insinuandosi sempre più a ridosso delle pareti dell'Alpe.
Il bosco ce ne cela la vista, ma qualche punto in cui le fronde si diradano ne permette una seppur fuggevole visione, sì da tener desto l'appetito per ciò che verrà.
Passato un guado con provvidenziale ponticello, la pendenza aumenta assecondando estese pietraie di blocchi di arenaria macigno trascinate fin qua dagli antichi ghiacciai.
Poco prima di raggiungere la piana dei Ghiaccioni, ecco finalmente apparire il bivio per il sentiero "Barbarossa".
Il cartello riporta "esposto e pericoloso" e, anche se non c'è scritto "alpinistico", qualche dubbio viene spontaneo. Una invocazione a "Tuchet i Ball" è dunque consigliabile prima di intraprenderlo
Difatti ora la musica cambia decisamente, perchè del passaggio del "Barbarossa" sono effettivamente rimaste solo le tracce. A quanto pare il "poderoso esercito" non ha lasciato gran segno, eccetto qualche labilissima orma che, come una sirena montana, ci invita a seguirla all'interno del bosco.
Si direbbe che la percorrenza di questo sentiero sia assai poco praticata dai frequentatori di questa zona. Chissà mai perchè...
Si traversa una pietraia e infine si esce dal bosco sui prati d'alta quota in un ambiente maestoso e incontaminato.
Di fronte a noi, ripidi verdi dai quali si innalzano precipiti salti di roccia, cenge, canaloni ancora parzialmente innevati: siamo giunti sulla Spiaggia Bella, lo splendido e ripido versante nord-ovest dell'Alpe di Succiso.
Ora, senza seguire una traccia precisa, occorre unire con un tratto immaginario i rari segni che si intravvedono sui sassi affioranti più grossi, e iniziare la traversata e l'affannosa risalita della ripida prateria, per approcciare e quindi attraversare uno dei canaloni più marcati.
Si passa dove si può, seguendo questo gioco di unisci-i-puntini come enigmisti della Montagna. Cercando di leggerne la conformazione al meglio e individuare la via più comoda o anche solo di vedere dove diavolo è il prossimo segno
Oltrepassato il canalone, si arriva alla base della cengia-rampa che costituisce il tratto più bello e più impegnativo del sentiero "Barbarossa".
Ora la salita si fa assai decisa, su terreno franoso ed erboso, andando a percorrere questa splendida quanto stretta cengia godendo di una esposizione che aumenta man mano che si sale.
Emozione e concentrazione salgono di tono, perfetta sinergia inconscia di sensazioni stimolate dall'ambiente che ci circonda.
La traccia, ora un pochino più marcata ma sempre assai effimera, ci guida fra i verticali salti di roccia e ci fa attraversare vertiginosi canaloni. Qui la solitudine e l'immersione nell'ambiente che ci circonda sono totali. Qui è dove vorremmo essere, qui è dove siamo. Carpe diem.
Alcune di esse ci parlano per metafore, tramandandoci i loro insegnamenti attraverso analogie con la vita di tutti i giorni.
Altre invece sono legate a eventi della Storia. Nomi o accadimenti famosi che le popolazioni locali vorrebbero legati al proprio territorio.
Una di queste leggende è ambientata nel "mio" Appennino e racconta nientemeno di Federico detto il Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero.
Il grande imperatore germanico, durante la sua fuga dall'Italia inseguito dalla Lega Lombarda (a quanto pare già allora poco tollerante nei confronti dello "straniero" ), secondo la leggenda sarebbe passato attraverso la valle del Liocca, alle pendici dell'Alpe di Succiso, per poi riparare in Liguria.
In quell'occasione il suo poderoso esercito avrebbe addirittura cambiato la faccia della montagna aprendosi a forza il passo di Pietratagliata, così da poter discendere in massa al passo del Cerreto.
Come prova di questo, gli abitanti della zona esibiscono con orgoglio e convinzione due spade di antica fattura, che sarebbero state ritrovate in loco all'inizio del secolo scorso.
Non ho idea se questa leggenda abbia un fondamento di verità oppure no, però so che in zona esiste davvero un sentiero dedicato proprio al "Barbarossa" e che questo sentiero si inerpica, stretto ed esposto, su per il versante più selvaggio della poderosa mole dell'Alpe di Succiso.
Questo mi basta per andare alla ricerca delle tracce del condottiero, vere o presunte che siano. Tanto l'importante è avere un pretesto per tornare a far visita a una delle cime più alte e più belle di tutto l'Appennino settentrionale.
La partenza è dal paesino di Succiso Nuovo, a quota 980m.
Questo borgo è stato costruito partendo da zero a metà degli anni '70, dopo una disastrosa alluvione che danneggiò irreparabilmente l'abitato originale e i cui effetti sono tutt'oggi visibili visitandone i ruderi.
Negli anni successivi, il paese iniziò a soffrire di un male comune a tutti i borghi di montagna: lo spopolamento per cause economiche.
Ma, a differenza di altri, gli abitanti di Succiso seppero trovare una soluzione pratica e originale. Istituirono una cooperativa di solidarietà fra i paesani, che fu capace, con il contributo di tutti, di rilanciare il territorio e farne una meta turistica di successo. Senza usare facili "scorciatoie", ma con proposte fortemente legate alla tradizione locale e alla frequentazione consapevole e responsabile (rinunciando agli impianti di risalita).
La cooperativa funziona benissimo anche oggi, ed è stata premiata come eccellenza proprio quest'anno dall'Organizzazione Mondiale del Turismo.
Si imbocca il sentiero in corrispondenza di una fontana (che sarà "calorosamente" apprezzata al ritorno ) e si sale a fianco della chiesa del paese.
Ben presto la traccia si divide: una porta direttamente al rifugio Consiglio al Rio Pascolo, l'altra segue il fondovalle del torrente Liocca e conduce al "Barbarossa". Ed è quest'ultima che occorre imboccare per andar a cercare le tracce del nostro germanico.
Si procede inizialmente su comoda sterrata, allietati dal rumoroso e allegro accompagnamento da parte del torrente Liocca. Sotto di noi è tutto un gorgogliare, un ribollire, un ciangottar d'acqua, quest'anno particolarmente abbondante.
Ci fan compagnia prima i salici e i faggi, poi, più avanti, macchie di splendidi maggiociondoli in piena fioritura.
Giunti a un bivio, la strada si muta in sentiero continuando ad assecondare il percorso del torrente, penetrando in profondità nella valle e insinuandosi sempre più a ridosso delle pareti dell'Alpe.
Il bosco ce ne cela la vista, ma qualche punto in cui le fronde si diradano ne permette una seppur fuggevole visione, sì da tener desto l'appetito per ciò che verrà.
Passato un guado con provvidenziale ponticello, la pendenza aumenta assecondando estese pietraie di blocchi di arenaria macigno trascinate fin qua dagli antichi ghiacciai.
Poco prima di raggiungere la piana dei Ghiaccioni, ecco finalmente apparire il bivio per il sentiero "Barbarossa".
Il cartello riporta "esposto e pericoloso" e, anche se non c'è scritto "alpinistico", qualche dubbio viene spontaneo. Una invocazione a "Tuchet i Ball" è dunque consigliabile prima di intraprenderlo
Difatti ora la musica cambia decisamente, perchè del passaggio del "Barbarossa" sono effettivamente rimaste solo le tracce. A quanto pare il "poderoso esercito" non ha lasciato gran segno, eccetto qualche labilissima orma che, come una sirena montana, ci invita a seguirla all'interno del bosco.
Si direbbe che la percorrenza di questo sentiero sia assai poco praticata dai frequentatori di questa zona. Chissà mai perchè...
Si traversa una pietraia e infine si esce dal bosco sui prati d'alta quota in un ambiente maestoso e incontaminato.
Di fronte a noi, ripidi verdi dai quali si innalzano precipiti salti di roccia, cenge, canaloni ancora parzialmente innevati: siamo giunti sulla Spiaggia Bella, lo splendido e ripido versante nord-ovest dell'Alpe di Succiso.
Ora, senza seguire una traccia precisa, occorre unire con un tratto immaginario i rari segni che si intravvedono sui sassi affioranti più grossi, e iniziare la traversata e l'affannosa risalita della ripida prateria, per approcciare e quindi attraversare uno dei canaloni più marcati.
Si passa dove si può, seguendo questo gioco di unisci-i-puntini come enigmisti della Montagna. Cercando di leggerne la conformazione al meglio e individuare la via più comoda o anche solo di vedere dove diavolo è il prossimo segno
Oltrepassato il canalone, si arriva alla base della cengia-rampa che costituisce il tratto più bello e più impegnativo del sentiero "Barbarossa".
Ora la salita si fa assai decisa, su terreno franoso ed erboso, andando a percorrere questa splendida quanto stretta cengia godendo di una esposizione che aumenta man mano che si sale.
Emozione e concentrazione salgono di tono, perfetta sinergia inconscia di sensazioni stimolate dall'ambiente che ci circonda.
La traccia, ora un pochino più marcata ma sempre assai effimera, ci guida fra i verticali salti di roccia e ci fa attraversare vertiginosi canaloni. Qui la solitudine e l'immersione nell'ambiente che ci circonda sono totali. Qui è dove vorremmo essere, qui è dove siamo. Carpe diem.