Un racconto per un Amico.
Tre sorelle,una Punta, una Croda e una Fopa
Ieri, mentre stavo pensando ad annullare per la seconda volta l’escursione al Pellarini con un gruppo di amici, …..mentre stavo attendendo di andare dal dentista a farmi un po’ massacrare e rattoppare in attesa del Nepal……mentre stavo pensando che, come immaginavo, a sto Nepal non ci arrivo proprio in gran forma…che dovevo tornare, prima di partire, a farmi aspirare sta ciste ……..insomma…..ieri…..mentre ero un po’ giù di morale….mi arriva una mail, ….di un Amico….di un Amico dei Somari……di una persona conosciuta da poco, ma che da subito mi ha sorpreso……in positivo…….e già “sorprendermi” è un’impresa……farlo in positivo è doppia come impresa.
Mi ha sorpreso per il suo essere Vero….per la sua genuinità…..per la sua modestia reale……insomma….come Uomo….mi ha sorpreso…..e da ieri, anche come “scrittore” .
E allora……siccome che……oltre che trattarsi di un bellissimo e genuino racconto attiene anche ad un’”impresa” escursionistico-alpinistica non da poco…..siccome che è conosciuto qui dentro da qualche altro (vecchiaccio e non) ed apprezzato per gli stessi motivi …..dopo aver avuto il suo permesso….(ché era intima come cosa…) ….ho deciso di postare qui…..su vieferrate il suo racconto…….si che possa essere letto da tutti voi perché “quelli di vie ferrate” condividono prese per il culo…….condividono insulti…….condividono mandate a fan culo….condividono di tutto e di più…ma condividono anche Emozioni.
Ovviamente non ho modificato nemmeno una virgola…….ovviamente lo ringrazio di cuore…… ovviamente…alla fine c’è la sua classica presa per il culo ….”quanto ci hai impiegato per venir su in auto?”…”quanto ci hai impiegato per far quella salita?”… “quanto ci si impiega a salire al rifugio?”…ad ogni domanda una sola risposta “due ore”…..infatti….
e ovviamente, essendo Lui una persona anche molto generosa, molto…….mi auguro che il prossimo anno (ché questo è down…..e oramai “chiuso”) mi porti a ripetere sto giro da favola…su una delle poche Montagne che sogno di salire.
Ah…..di chi sto parlano..?....già…..che ogni uomo abbia il suo……trattasi del nostro amico Paolo Fiorani….in arte Sixtynine…!
Buona lettura, e....grazie Paolo.
Un racconto per un Amico.
Tre sorelle,una Punta, una Croda e una Fopa.
Ultimo fine settimana di agosto, il meteo promette bene sembra che rimarrà stabile fino a pomeriggio avanzato sia sabato che domenica.
Butto l'amo, mando un SMS (si! difficile da credere ma ancora esiste questo sistema di comunicazione) a uno dei compari dell'ultima uscita in quel del Bosconero, "che fai questo WE, relax?" risposta: "Assoluto....."
Il resto dei quadrupedi orecchiuti tace, provo allora con Silvia la mia compagna, la prendo lunga, so come giocare le mie carte “ciao amore come sei carina oggi”…nessuna reazione! riprovo buttando l’asso di briscola, "sembra che farà un caldo infernale questo WE cosa facciamo?" silenzio assoluto! nessuna risposta!
Ci riprovo sarà mai che non ha capito, la musica esce alta dalle casse dello stereo "dai che andiamo in montagna che fa più fresco, facciamo un giro facile questa volta"….. senza neanche distogliere lo sguardo dal suo adorato iPAD il suo dito medio si alza inesorabilmente!! ecchecazzo dico io! ma poi pensandoci bene mi viene in mente la forcella del Matt fatta insieme la scorsa settimana e capisco di essermi già giocato il bonus, non ho speranze!!!..bene, allora che solitaria sia!
L'idea non mi dispiace anzi mi attizza e vista la buona condizione psico-fisica di quest'anno alzo un pò la posta, un giro in solitaria e in autonomia come ai vecchi tempi: Tenda e tutto il necessaire.
Decido per il gruppo del Sorapis, apro la cartina Tabacco 03 e decido di fare campo tra forcella Grande e il bivacco Slataper e di puntare a salire almeno la prima delle tre Sorelle il primo giorno e la cima più a Est dei Monti della Caccia Grande il secondo giorno, salendo per la via del canalone Von Roncador -Oppel.
Parto prestino dalla pianura, lascio la macchina alla baita Sun Bar appena sopra San Vito e sfruttando la prima corsa della navetta (6€A, 5€R, 10€A/R) arrivo al Rif. Scotter e da qui per sentiero allo splendido Rif San Marco dove mi rifornisco d'acqua (quasi 6 litri) che in aggiunta al resto fanno uno zaino pesantissimo.
Dichiaro le mie intenzioni al gentile gestore e ci diamo appuntamento a domenica pomeriggio per una bella birra.
Dal San Marco a forcella Grande il dislivello non è esagerato ma il sentiero si arrampica bello ripido, con passo Himalayano, imparato frequentando mitici individui dalle forme equine arrivo senza troppo faticare e così decido di andare oltre e piantare la tenda il più in alto possibile appena sotto al bivacco Slataper.
Mi contendo uno dei pochi spiazzi verdi pianeggianti con un gruppetto di stambecchi sfacciati, più scocciati che spaventati ad uno ad uno se ne vanno, un maschio con corna enormi è l'ultimo a cedere, mi guarda, sembra mandarmi a quel paese, si gira e con fare superiore lentamente se ne va, sembrano gli stessi visti con Dario ed Enrico affianco al bivacco Slataper quando qualche settimana prima abbiamo fatto l'anello del Sorapis, se è così sono due volte che gli rompo i coglioni!
Monto velocemente la tenda, normalmente aspetterei il tramonto ma alle 17.00 è prevista pioggia e quindi gioco d’anticipo.
La posizione non è niente male, già la vista vale la fatica fatta, penso che sarebbe bello oziare sdraiato sull’erba tutto il pomeriggio, penso all’amico friulano e al suo relax assoluto penso a Silvia probabilmente ancora a letto con la bolla al naso, sono tentato, ma chi me lo fa fare?
Mi guardo intorno, cima Bel Pra, Corno del Doge, Antelao, Monti della Caccia Grande, Punta Sorapis, Croda Marcora, Torre dei Sabbioni, mi chiamano …..Paolo….vieni….Paolo…..vieni.
E io vado.
Mi giro verso i Monti della Caccia Grande e subito individuo la prima parte del percorso che dovrò affrontare, la cengia sormontata da un piccolo ghiaione che percorrendola verso destra mi porterà scendendo per detriti e zolle erbose ad attraversare il canalone di ghiaie che divide la Caccia Grande dalle Tre Sorelle (pari pari come da relazione)
Giunto nel centro del canalone ne approfitto, salgo alcune decine di metri cercando di capire se la via di domani è praticabile quando una scarica di sassi più in alto mi fa cambiare immediatamente idea sia per la perlustrazione che per il giorno dopo.
Magari erano solo un gruppo di stambecchi magari era solo un eco ma già il gestore del San Marco mi aveva avvisato “il canalone nella parte alta è marcio! Ti conviene salire dal davanti, è da trovare ma è meglio, due miei amici l’hanno fatta la scorsa estate” e tanto mi basta,
già sento un certo pruritino ai maroni e mi fa pensare che forse è meglio se scelgo un itinerario psicologicamente più facile, domani deciderò.
Attraversato il canalone procedo in salita seguendo la traccia che risale un crinale di roccia ed erbe poi attraversando verso sinistra per ghiaie e sfasciumi mi porto sotto la parete della Prima Sorella.
Ora punto una gigantesca torre gialla che aggirata verso destra mi porta all’anfiteatro superiore delle tre sorelle, un mare di roccette solcato da tre canali.
Si segue inizialmente il canalone centrale e sulla prima sorella si arriva abbastanza facilmente facendosi portare dai numerosi ometti senza i quali sarebbe difficile non andarsi a intrigare, è un cima poco frequentata ma vedo tracce di passaggio recenti.
Prima della cima la forcella tra le Prime due Sorelle mi regala un’insolita vista sul lago Sorapis e in cima trovo il solito ometto formato max da dove incastonato tra i sassi spunta un barattolo di (fu) nutella con alcune pagine e una penna per lasciare traccia del proprio passaggio.
Mi godo lo spettacolo, la soddisfazione e soprattutto l’emozione che solo le cime alte o basse che siano sanno offrire.
Vedo che il meteo mi lascia ancora margine e scendendo decido di puntare direttamente alla Sorella più lontana, la Terza.
Lungo il percorso che si sviluppa principalmente lungo una comoda cengia vedo già, passato un canalino terroso, dove la dovrò abbandonare per salire la Seconda Sorella sfruttando le roccette di destra.
Velocemente sono in cima alla terza Sorella, mi riprendo dal solito stordimento emotivo e via il percorso è ancora lungo.
La seconda Sorella è l’ultima cima della giornata giusto un ometto di sassi e niente più, è incredibile alla fine le cime sono sempre tutte uguali, un mucchio di roccia con la croce o l’ometto di sassi, ma allora come mai ho la pelle d’oca? come mai ho il cuore che batte come fossi innamorato? come mai non riesco a smettere di guardarmi attorno meravigliato da tanta bellezza?
Un tintinnio mi riporta alla realtà, è un sassolino che trema sotto allo scarpone con inserto di metallo nella suola e mi dice che è meglio scendere immediatamente, il tempo sta peggiorando velocemente.
Ripercorro a ritroso la via di andata e arrivo giusto in tempo alla tenda e come da previsioni
comincia a spiovigginare, piazzo tegamino e tazza a raccolta dell’acqua e mi rintano nella tenda, tuona, la levataccia comincia a farsi sentire e cullato dalle raffiche di vento mi faccio una bella dormita.
Sono ormai le 19.00 e Il temporale è passato, guardo verso lo Slataper, vedo del movimento.
E’ più forte di me, butto in zaino l’unica lattina di birra che ho, un pacchetto di gran turchesi e una confezione di pendole di Longarone e mi avvio come un Re Magio verso il bivacco.
Quando apro la porta una coppietta con le carte da briscola in mano mi guarda con espressione delusa che immediatamente sparisce quando gli dico che sono quello della tenda poco più sotto.
Si fanno una risata.
“ce lo stavamo proprio chiedendo: per quale motivo uno monta la tenda poche decine di metri sotto ad un bivacco?”, della serie ci sei o ti ci fai?
Bella domanda penso io, li depisto offrendo loro il mio piccolo bottino, declinano la birra e accettano di buon grado il resto.
Loro sono di Belluno e immancabilmente il vino non manca, mi offrono un bel bicchiere, la stanchezza e lo stomaco vuoto non giocano a mio favore e dopo due sorsate sono già ko ma alla frase “siamo saliti in cima al Sorapis” il mio cervello si riattiva e gli chiedo, “com’è il camino con il masso incastrato, avete usato la corda?”
Si guardano si fanno una bella risata, “non sappiamo neanche usarla la corda noi” dice lui, “e poi un cordone c’è già, altrimenti mica sarei riuscita a scendere io da la” aggiunge lei.
Gli chiedo se sono saliti anche sulla Croda Marcora e la Fopa de Matia….
Si guardano e si fanno un’altra bella risata…..”croda che?” dice lei….
Sono simpatici, ci raccontiamo della nostra giornata e continuando a parlare scopro che il giorno dopo vogliono salire sull’Antelao.
Esticazzi dico io, non avete paura delle scariche?
Si guardano e si fanno l’ennesima risata “domani non scarica” dice lui.
Ho capito che di vino ne hanno già bevuto parecchio, sta facendo buio, li saluto e me ne vado a nanna, con già in mente il nuovo itinerario di domani: la verifica del famigerato punto chiave per la salita al Sorapis.
La sveglia suona presto, e alle 6.30 sono già in movimento in breve sono all’attacco della via, neanche Mister Magu si potrebbe sbagliare, supero la breve ma ri liscia paretina iniziale e seguendo i numerosi bolli rossi, ecco cosa intendo per psicologicamente più facile, arrivo per cengia al passaggio chiave.
Il canalino si sale in divertente arrampicata fino al masso incastrato, dal masso scende una corta corda con un paio di nodi e un occhiello alla fine.
Tasto la parte superiore del masso e scopro un rassicurante maniglione, tolgo lo zaino e con un moschettone l’aggancio alla corda, in contrapposizione e aiutandomi con il maniglione supero abbastanza facilmente il masso incastrato senza usare la corda anche perché salendo un pò le pareti sono meno lisce e gli scarponi trovano dove far presa.
Scendere sarà sicuramente più complicato, provo, e anche se perfettibile come stile con l’aiuto della corda sono facilmente giù.
Risalgo recupero lo zaino e in breve guadagno la cengia, dopo poco penso di essere arrivato al bivio per la direttissima, ma dopo un bel pezzo di divertente arrampicata mi accorgo di essere stato troppo a destra, salire ancora vorrebbe dire non riuscire più a scendere, torno alla cengia, resisto alla tentazione di riprovare e seguendo i numerosi bolli rossi dopo una netta svolta a destra preceduta da roccette marce arrivo alla cascatella che scaturisce dal nevaio della Croda Marcora.
Mi fermo e ne approfitto di questo bel regalo che la montagna mi ha fatto, mi rinfresco bevo mangio e mi godo lo spettacolo, seduto su ad un sasso mi guardo lo sviluppo della via che sfrutta la comoda cengia superiore e che solo in pochi punti si restringe, riparto.
Quasi alla sua fine naturale si abbandona la cengia e per roccette si sale all’ultimo tratto delicato, un camino da affrontare in spaccata e seguito da una stretta cengia verso destra un po’ esposta.
La cima si svela improvvisa, è stretta e piatta con la croce che sembra nuova fiammante, un sogno si avvera, sono in cima al Sorapis!
Un turbinio di emozioni mi pervade, mi mancano i compagni da abbracciare ma ciò non toglie nulla, lo rende solo diverso, come dice Sherpa “ un’emozione non può essere Piccola o Grande, o c’è o non c’è.”
Fosse per me starei qua in eterno, ma non sono neanche a metà del percorso, alzo le antenne e comincio a scendere particolarmente attento a non scaricare sassi, si sta facendo gente.
Ritorno verso la cascatella, poco prima di raggiungerla mi accodo a tre Cortinesi che stanno salendo verso la Croda Marcora, per facile canalone in breve siamo sul ghiaione che ospita il nevaio, lo aggiriamo a destra e puntiamo alla cresta che unisce la Marcora alla Matia, di qui a sinistra facilmente fino alla cima.
La cima è ampia, la croce è identica a quella del Sorapis da dove sono appena sceso, sono ancora una volta rapito dalle emozioni, nemmeno il tempo di realizzare e sono in cima ad un'altra montagna e da qui già vedo il percorso che mi porterà sulla prossima, incredibile!
Una voce di donna che mi offre un chicco d’uva mi riporta alla realtà, ci scambiamo un po’ di cibo e via tutti insieme verso la Fopa de Matia
Percorrendo la cresta che unisce le due cime, affrontando una paretina che si supera con un passaggio un pò delicato e ancora per cresta siamo velocemente alla cima.
E’ meno blasonata è senza croce ma è bellissima, non chiedetemi il perché, sarà che è l’ultima cima di oggi.
Scendiamo, in breve siamo a pochi passi dalla cascatella e dove ci siamo incontrati ci separiamo loro verso punta Sorapis e io verso valle.
Il masso incastrato è solo una formalità so già come affrontarlo, lo supero un pò più decentemente di prima e in men che non si dica sono alla base dove inizia la via.
Una carezza e un bacio alla roccia e via di corsa verso la tenda.
Smonto la tenda con un contrasto di sentimenti, tristezza e felicità allo stesso tempo, ripenso alla domanda che mi sono fatto il giorno prima.
Ma chi me l’ha fatto fare???
E ancora una volta non ho bisogno di cercare una risposta.
“bellezza che vive tutt’attorno a noi e che possiamo percepire come fremito del cuore o intuizione di un attimo, con un senso di mistero o fors’anche di incanto”
“quell’intuizione strana ma palpabile che ogni viaggio ed ogni Montagna comunicano”
Paola Favero.
Alune indicazioni sui tempi
Primo giorno.
Da Ferrara a San Vito poco più di due ore.
Dallo Scotter al campo tenda circa due ore.
Dalla tenda alla Prima sorella due ore.
Dalla Terza alla Seconda Sorella e poi alla tenda se non ricordo male direi due ore
Secondo giorno.
Dalla tenda alla cascatella due ore.
Dalla cascatella alla cascatela due ore.
Dalla cascatella alla tenda due ore.
Dalla tenda allo scotter, tolta la pausa birra al San Marco due ore.
Infine da San Vito a Ferrara pocopiù di due ore.
Fine