Cuor di Latemar: ferrata dei Campanili e Cimon del Latemar
Inviato: 11/09/2018, 21:31
Già da tempo vagheggiavo di tornare a visitare un gruppo per me intrigante e fascinoso, il gruppo del Latemar.
Poco noto all'escursionismo di massa, il Latemar preferisce starsene in disparte. Resta fuori dalle rotte più trafficate per regalare le sue meraviglie solo a chi vuole veramente prendersi la briga di andarle a scoprire.
Qualche anno fa ero salito dal Passo Costalunga fin sulla seconda cima in altezza di questo gruppo, lo Schenon, passando per la Forcella Piccola.
Una bellissima e niente affatto banale traversata, che consente di fare la conoscenza con la parte orientale del gruppo.
L'obbiettivo di oggi, invece, è salire la cima più alta attraversando il vero e proprio "cuore" del Latemar, con una traversata in un ambiente lunare che si snoda al di sopra della Valsorda.
Sia consentito a un povero vecchio dallo "stoppino" sempre più corto il risparmiarsi parte del dislivello (600m) utilizzando la seggiovia che da Obereggen sale a Oberholz, e quindi di far partire l'avventura dalla stazione a monte della seggiovia, direttamente sul sentiero 18 che sale alla Forcella dei Camosci.
La pendenza è costante, e senza troppe pause si sale sotto alle pendici del Corno d'Ega uscendo rapidamente dal bosco e attraversando i prati d'alta quota.
A causa, credo, della presenza dell'impianto di risalita, questa zona è decisamente più frequentata di quanto avevo sperimentato nella parte orientale.
Sul sentiero si trova un pò di tutto. Tedeschi, italiani sprovveduti in scarpe da ginnastica, ancora tedeschi, italiani con cagnolino al seguito, altri tedeschi...
Insomma, la fauna teutonica, qui, la fa da padrone
La salita è lunga e l'intero giro ancor di più, per cui me la prendo comoda cercando di consumare meno energie possibile e ne approfitto per osservare la morfologia del luogo.
Prati, roccette, chiaro calcare e scure colate magmatiche mescolati fra loro, formano quei contrasti che già avevo trovato lungo la traversata allo Schenon e che danno al Latemar quel suo fascino particolare.
La folla si è diradata già di parecchio, quando, raggiunta una forcelletta, la salita e la prima parte del giro hanno termine.
Non c'è nessun preavviso di quanto si andrà a scoprire dalla parte opposta e questo è uno degli aspetti più intriganti di quando si raggiunge una forcella: che cosa ci sarà dall'altra parte?
La domanda trova risposta in un ghiaioso valloncello stretto da incombenti pareti e decorato da torri e pinnacoli dall'aspetto il più vario e bizzarro, alcuni dei quali sembrano voler sfidare la forza di gravità mantenendo equilibri improbabili.
Siamo "intra-les-pizes" (fra i picchi) in un ambiente spettacolare che la Natura ha regalato a chi ha voluto passare per di qua.
Ora ci aspetta una traversata senza apprezzabili variazioni di quota verso la forcella vera e propria.
Un ripido canalino, brutto a vedersi ma non così complicato a salirsi, porta infine sulla Forcella dei Camosci.
Ed eccolo qui, il "cuore" del Latemar.
Un altipiano lunare al di sopra del quale si vedono i famosi "campanili" fra cui il Cimon e, ultima sulla destra, la tozza sagoma dello Schenon.
Da questo affaccio ci si rende conto delle reali dimensioni dell'altopiano e di quanta strada si dovrà percorrere per salire alla bramata cima e per tornare indietro.
Devo ammettere che, quando mi son studiato l'itinerario a tavolino, non mi aveva affatto dato l'impressione di esser così lungo.
E adesso, sul campo, mi viene più di qualche apprensione di aver abbastanza benzina per compierlo per intero, 'sto giro. Una sensazione che talvolta può venire a noi vecchietti stanchi quando ci accingiamo a compiere qualcosa di fisicamente impegnativo.
Inizio, quindi, un pò titubante e in punta di piedi, la traversata del deserto seguendo sempre il sentiero 18 in direzione della Forcella dei Campanili, da dove dovrebbe partire l'omonima ferrata.
Il sentiero procede in leggera discesa.
Male!
Al ritorno, già affaticati a sufficienza, la discesa diverrà salita e bisognerà avere ancora abbastanza energie per superarla e tornare in forcella.
Un ultimo strappo in salita conduce sulla Forcella dei Campanili, splendido balcone sul Passo Costalunga e sulla valle sottostante.
Ma, soprattutto, da questa forcella finalmente attacca la ferrata dei Campanili. Il che vuol dire che il grosso della salita dovrebbe essere terminato.
Val la pena di fermarsi, rifarsi gli occhi, tirare un pò il fiato, indossare con calma l'attrezzatura e magari mangiare anche qualcosa.
Dopo la risalita di una parete un pò esposta al di sotto di ardite quanto spettacolari torri, ecco fare la loro apparizione i primi cavi della ferrata.
Poco noto all'escursionismo di massa, il Latemar preferisce starsene in disparte. Resta fuori dalle rotte più trafficate per regalare le sue meraviglie solo a chi vuole veramente prendersi la briga di andarle a scoprire.
Qualche anno fa ero salito dal Passo Costalunga fin sulla seconda cima in altezza di questo gruppo, lo Schenon, passando per la Forcella Piccola.
Una bellissima e niente affatto banale traversata, che consente di fare la conoscenza con la parte orientale del gruppo.
L'obbiettivo di oggi, invece, è salire la cima più alta attraversando il vero e proprio "cuore" del Latemar, con una traversata in un ambiente lunare che si snoda al di sopra della Valsorda.
Sia consentito a un povero vecchio dallo "stoppino" sempre più corto il risparmiarsi parte del dislivello (600m) utilizzando la seggiovia che da Obereggen sale a Oberholz, e quindi di far partire l'avventura dalla stazione a monte della seggiovia, direttamente sul sentiero 18 che sale alla Forcella dei Camosci.
La pendenza è costante, e senza troppe pause si sale sotto alle pendici del Corno d'Ega uscendo rapidamente dal bosco e attraversando i prati d'alta quota.
A causa, credo, della presenza dell'impianto di risalita, questa zona è decisamente più frequentata di quanto avevo sperimentato nella parte orientale.
Sul sentiero si trova un pò di tutto. Tedeschi, italiani sprovveduti in scarpe da ginnastica, ancora tedeschi, italiani con cagnolino al seguito, altri tedeschi...
Insomma, la fauna teutonica, qui, la fa da padrone
La salita è lunga e l'intero giro ancor di più, per cui me la prendo comoda cercando di consumare meno energie possibile e ne approfitto per osservare la morfologia del luogo.
Prati, roccette, chiaro calcare e scure colate magmatiche mescolati fra loro, formano quei contrasti che già avevo trovato lungo la traversata allo Schenon e che danno al Latemar quel suo fascino particolare.
La folla si è diradata già di parecchio, quando, raggiunta una forcelletta, la salita e la prima parte del giro hanno termine.
Non c'è nessun preavviso di quanto si andrà a scoprire dalla parte opposta e questo è uno degli aspetti più intriganti di quando si raggiunge una forcella: che cosa ci sarà dall'altra parte?
La domanda trova risposta in un ghiaioso valloncello stretto da incombenti pareti e decorato da torri e pinnacoli dall'aspetto il più vario e bizzarro, alcuni dei quali sembrano voler sfidare la forza di gravità mantenendo equilibri improbabili.
Siamo "intra-les-pizes" (fra i picchi) in un ambiente spettacolare che la Natura ha regalato a chi ha voluto passare per di qua.
Ora ci aspetta una traversata senza apprezzabili variazioni di quota verso la forcella vera e propria.
Un ripido canalino, brutto a vedersi ma non così complicato a salirsi, porta infine sulla Forcella dei Camosci.
Ed eccolo qui, il "cuore" del Latemar.
Un altipiano lunare al di sopra del quale si vedono i famosi "campanili" fra cui il Cimon e, ultima sulla destra, la tozza sagoma dello Schenon.
Da questo affaccio ci si rende conto delle reali dimensioni dell'altopiano e di quanta strada si dovrà percorrere per salire alla bramata cima e per tornare indietro.
Devo ammettere che, quando mi son studiato l'itinerario a tavolino, non mi aveva affatto dato l'impressione di esser così lungo.
E adesso, sul campo, mi viene più di qualche apprensione di aver abbastanza benzina per compierlo per intero, 'sto giro. Una sensazione che talvolta può venire a noi vecchietti stanchi quando ci accingiamo a compiere qualcosa di fisicamente impegnativo.
Inizio, quindi, un pò titubante e in punta di piedi, la traversata del deserto seguendo sempre il sentiero 18 in direzione della Forcella dei Campanili, da dove dovrebbe partire l'omonima ferrata.
Il sentiero procede in leggera discesa.
Male!
Al ritorno, già affaticati a sufficienza, la discesa diverrà salita e bisognerà avere ancora abbastanza energie per superarla e tornare in forcella.
Un ultimo strappo in salita conduce sulla Forcella dei Campanili, splendido balcone sul Passo Costalunga e sulla valle sottostante.
Ma, soprattutto, da questa forcella finalmente attacca la ferrata dei Campanili. Il che vuol dire che il grosso della salita dovrebbe essere terminato.
Val la pena di fermarsi, rifarsi gli occhi, tirare un pò il fiato, indossare con calma l'attrezzatura e magari mangiare anche qualcosa.
Dopo la risalita di una parete un pò esposta al di sotto di ardite quanto spettacolari torri, ecco fare la loro apparizione i primi cavi della ferrata.