Sabato 10 ottobre assieme a Sergio69 e ad Alessio, abbiamo percorso la nuova "Ferrata della Memoria" di fresca inaugurazione, avvenuta il 2 0ttobre.
Una volta arrivati al parcheggio (già piuttosto pieno) si trova un esaustivo pannello che ne descrive le caratteristiche: dislivello, tempi, difficoltà.
Fatti pochi metri un cartello indica subito il sentiero che porta all'attacco
Dopo pochi, minuti ed una decina di metri di dislivello in discesa, si arriva alla prima galleria della lunghezza di 155mt dove è necessaria una frontale o comunque una torcia in quanto assolutamente buia essendo sprovvista di finestre laterali
Terminata la galleria si percorre una breve cengia, quindi si entra nell'altra galleria più breve di 55 mt e poi si inizia a percorrere una bella cengia che taglia la parete sud (destra orografica) della profonda gola del torrente Vajont con spettacolari visuali
La bella cengia e sullo sfondo Longarone con le nuove unità edilizie anche chiamate "bunker" ed "alveare" non molto apprezzate da chi una volta sopravvissuto alla tragedia ha dovuto abitare in tipologie edilizie avulse dalle proprie tradizioni . . . ma c'era la necessità di ricostruire in fretta e la casa singola in stile rurale non era probabilmente la giusta risposta
La cengia si restringe ed aggira uno spallone
Quindi continua ancora brevemente
E si arriva alla prima scala dove inizia anche il tratto descritto "difficile-molto difficile" nel pannello posto al parcheggio
Si comincia a salire in verticale e la vista della gola e del torrente sotto ai piedi è notevole;
si può notare la terra che ricopre la roccia e che è stata la costante della ferrata, essendo poi spesso umida rendeva abbastanza scivolosi gli appoggi dove mettere i piedi, probabilmente con i passaggi e con le piogge la parete si pulirà, però se percorsa dopo piogge e con forte umidità (come nel caso nostro) l'aderenza non è proprio al massimo
Si continua a salire
La ferrata è ottimamente attrezzata e nei tratti poveri di appigli naturali vi sono numerosi gradini e staffe che agevolano la salita
Nei tratti più duri sono sempre presenti appigli/appoggi artificiali
Si comincia a vedere la diga
Il tratto più verticale e difficile è terminato, lo spallone sui cui si svolge la ferrata ora è meno ripido
Vi sono però ancora alcuni tratti descritti come "difficili" sempre nel pannello presente al parcheggio
Ormai ci siamo alzati bene e la ferrata è quasi finita
La ferrata è divisa in 6 zone indicate da tabelle che riportano coordinate e quota, qui siamo all'inizio dell'ultima zona a 788 mt
Si arriva alla seconda scala dalla quale si accede ad un breve tratto verticale
E quindi ad una salita
Che porta alla conclusione della via ferrata
Si prosegue per sentiero e si trovano i resti di un portale in calcestruzzo armato di una teleferica per il trasporto di materiali usata durante la costruzione della diga
Noi proseguiamo in direzione Casso, altrimenti si scende alla diga
Ed eccola . . . è lei!: la diga a doppio arco più alta del mondo all'epoca (oggi è la terza);
anche definita "Capolavoro d'ingegneria nel posto sbagliato" :
- 261,6 mt d'altezza;
- 190,5 metri di larghezza al coronamento;
- 22,11 metri di spessore alla base e 2,90 metri di spessore minimo al coronamento;
- 351.000 mc di calcestruzzo, tre anni per la costruzione; un record.
E' sempre lì, ha resistito ad un'onda d'urto 10 volte maggiore rispetto alle sollecitazioni alle quali era stata progettata . . .
. . . 1910 abitanti di Longarone, Erto, Casso, Codissago, Castellavazzo . . . invece non sono più . . .
Proseguendo per il sentiero si arriva ad un incrocio: si può scendere direttamente a Codissago per il sentiero n°395A;
noi prendiamo il n° 393 e facciamo una breve visita al pittoresco paesino di Casso percorrendo il "Troi de Sant'Antoni"
Lungo il "Troi de Sant'Antoni" antica via usati dagli abitanti dei paesi della Valle del Vajont per raggiungere la Valle del Piave
Si comincia a vedere il paese di Casso
Alcune immagini delle vie e delle case strette ed alte
E il Monte Toc dal quale il mercoledì del 9 ottobre 1963 alle ore 22:39 si è staccata la frana di 270 milioni di mc di roccia che precipitando alla velocità di 65 km/ora nel lago artificiale (contenente 120 milioni di mc d'acqua) provoca un'onda alta 80 mt che travolge le rive ed i Paesi di Erto e Casso, mentre un'onda alta 400 mt scavalca la diga e incanala nella stretta gola 50 milioni di mc d'acqua in direzione di Longarone . . . il tutto dura 4 minuti . . .
è ancora ben visibile la w rovesciata disegnata dal bordo superiore della frana
L'imponente frana occupa il bacino artificiale di quello che doveva essere uno dei caposaldi del progetto de "Il grande Vajont" 6 dighe e 4 centrali collegate da 60 km di gallerie . . . ora sopra alla montagna franata crescono nuovamente i pini
La valle del Piave dal sentiero di ritorno
Questa breve ferrata può (dovrebbe) essere uno stimolo per una più lunga giornata di conoscenza e riflessione, si può abbinare la visita al paese di Casso e poi la visita guidata alla diga: posso assicurare che sentire raccontare la storia di quei tragici momenti dalle guide del "Parco Naturale delle Dolomiti Friulane" mentre si cammina sulla sommità della diga è molto più forte che leggere i vari libri sull'argomento (per fortuna che sono stati pubblicati) o vedere il film "Vajont- la diga del disonore" di Renzo Martinelli e la celebre orazione civile di Marco Paolini che ha permesso di rendere finalmente "pubblica" la conoscenza di questa tragedia e ai sopravissuti di tentare di elaborare il proprio lutto.
Per le visite guidate alla diga: http://www.turismofvg.it/Monumenti-e-si ... del-Vajont