da artemisio60 » 11/11/2014, 22:36
Salve a tutti,
oggi terza lezione del corso, ed è stata una sessione veramente impegnativa.
Siamo partiti con un po' di teoria sulle tecniche di assicurazione, sul fattore di caduta, la forza d'arresto e altre cose relative alla progressione in arrampicata.
Poi, dopo aver ampiamente discusso i particolari tecnici, siamo passati all'azione.
Nel senso che siamo andati in palestra e abbiamo finalmente iniziato ad arrampicare.
Gli istruttori hanno scelto una parete veticale ma (a dir loro) facile e ci hanno mostrato come funziona nella pratica l'assicurazione sia con il mezzo barcaiolo che con il tuber. Uno di loro saliva mentre un altro faceva sicura da terra.
A veder loro sembrava tutto facile, sia arrampicare che fare sicura, poi è toccato a noi, una coppia alla volta.
Quando è arrivato il turno della mia compagna e mio (le ragazze sono la maggioranza degli allievi, quindi la coppia "mista" è la regola), mi sono reso subito conto che tra il vedere e il fare c'è una bella differenza e che l'emozione può giocare brutti scherzi.
Memore della sessione di nodi sotto la pioggia, ho tenuto alta la concentrazione, così il mezzo barcaiolo è venuto al primo colpo e dopo un controllo da parte della mia compagna (e dell'istruttore), questa è partita.
Ebbene, devo dire due cose.
La prima è che veder arrampicare le ragazze è proprio un bello spettacolo. Il fisico femminile direi che si adatta alla perfezione (anche) a questa attività.
La seconda è che la sensazione che si prova quando si tiene fra le proprie mani la vita di un'altra persona, è indescrivibile e deve essere provata per capirla a fondo.
Prima avevo letto qualcosa nei manuali, ma non avevo la minima idea del vero significato del termine "fare sicura".
Si prova una senso di grande responsabilità, ma anche di grande orgoglio per la fiducia che questa persona ripone in te, e non solo questo, c'è molto di più.
Faccio fatica a trovare le parole per descriverle, sono sensazioni del tutto nuove per me e ne ho appena scalfito la superficie. Sicuramente qualcuno di voi che arrampica da più tempo è in grado di descriverle molto meglio.
Salita Inge senza problemi, l'ho calata a terra con tutta la cura possibile e poi è toccato a me.
Devo dire che forse non servirà a nulla per la montagna, che la "plastica" è troppo artificiale, che in "ambiente" è tutta un'altra cosa, ma, nonostante tutto questo, arrampicare in palestra è parecchio divertente.
Cioè, diventa divertente una volta che sei riuscito a superare la paura dei primi metri, che hai capito che le scarpette non scivolano, che le "prese" non si staccano, che la corda non si rompe, eccetera...
Scherzi a parte, davvero, dopo un pò di paura iniziale (come penso sia nella norma) credo di essere salito bene e sicuramente mi sono divertito.
E così, finito il giro, tutti hanno arrampicato, nessuno è caduto ed è finita anche questa terza lezione.
Bene, finalmente ho arrampicato.
Certo, se ripenso alla salita al Piccolo Cir, perso in mezzo a un mare di roccia e al cospetto delle splendide cime della Val Gardena, il paragone con la "salita" di oggi è impossibile.
Come si fa a confrontare quegli ambienti con l'interno di una palestra ? Non ha senso.
Eppure il confronto con il verticale, l'accettare la sfida con la forza di gravità o il senso comune che ti vorrebbero inchiodato con i piedi per terra, il capire le proprie possibilità e i propri limiti e sentire la voglia di superarli, ecco, queste cose, oggi, la palestra me le ha date non meno di quel giorno d'estate passato sui monti.
Alla prossima.
Artemisio